La fiamma che unisce


La serata dal titolo “La fiamma che unisce” si è tenuta nel periodo magico che precede le feste di Natale, il 19 dicembre, al Cine-teatro Castellani di Azzate.

“Un caleidoscopio di emozioni”, con le parole degli organizzatori, membri dell’Assemblea Sinodale Decanale, che ha aperto il cuore di due sportivi apparentemente distanti ma in realtà vicinissimi per attitudine.
Centrato il bersaglio, allora, cogliendo al volo “la palla” del passaggio della fiaccola degli oratori, per il progetto di Orasport on fire tour: una passerella suggestiva, nel buio del salone, con la fiaccola degli oratori tra le mani di una ragazza, portata fino al colorato basamento sul palco, ha “acceso” così la serata, insieme all’applauso ai due campioni, che si sono svelati nel profondo di fronte ad una platea attenta e coinvolta.
Andrea Vanetti, capitano dei Mastini Varese dell’hockey su ghiaccio, capaci nella scorsa stagione di vincere sia la Coppa Italia sia il titolo tricolore dell’Italian Hockey League e Daniele Cassioli, “cieco ribelle” capace di fare cose che non si pensavano possibili, non vedente pluricampione di sci nautico, hanno raccolto e risposto alle provocazioni e domande del giornalista Francesco Caielli, che ha moderato la serata, offrendo straordinari spunti sullo sport visto da un’angolazione completamente diversa da quella a cui molti appassionati sono abituati, dal rapporto tra figli e genitori (“il supporto che sostiene”, pensiamo ad un genitore che va a vedere il figlio, e a quanto vale anche solo un’occhiata in tribuna, lo sguardo incrociato prima di una gara, che dà la forza per fronteggiare la partita; la necessità del dialogo con la famiglia, e la fiducia che devono riporre nei propri figli), la scuola, l’impegno agonistico, la difficoltà a conciliare sport e studio o sport e lavoro, la tenacia e la forza di volontà per superare non soltanto le sconfitte ma anche gli infortuni.

Andrea Vanetti ha raccontato l’amarezza di non essere riuscito a coronare il suo sogno di partecipare a un’Olimpiade, ma anche la gioia di essere riuscito a donare dopo tanti anni ai tifosi gialloneri dei nuovi titoli nel palaghiaccio di casa

afferma Simona Niada, una degli organizzatori della serata, cui ha partecipato anche il parroco don Cesare Zuccato

Daniele Cassioli, invece, anche con una buona dose di autoironia, ha svelato il modo in cui da non vedente ha affrontato e affronta la vita di tutti i giorni e lo sport ad alti livelli, spiegando anche la decisione di abbandonare la vita lavorativa che tante soddisfazioni gli aveva regalato, per donarsi quotidianamente ai giovani in un percorso divulgativo che l’ha portato a raccontarsi anche in due libri (“Il ventro contro” e “Insegna al cuore a vedere”)”.
Entrambi hanno testimoniato l’importanza della passione, fondamentale per tutto ciò che si fa nella vita, con parole colme di gratitudine per ciò che la vita sta loro riservando. Tempo prezioso, quelle condiviso nell’ascolto dell’esperienza di Andrea e della storia di Daniele, lo sport legato a una condizione e a un percorso che è stato chiamato a fare, sui passi dell’accettazione e della crescita. E poi il tema del fallimento, e della fatica che, al di là delle partite che si vincono o perdono, fa la differenza oltre al risultato, segno di “avercela messa tutta”. La sconfitta che dà valore alle vittorie, la sconfitta “formativa” che dice ciò che abbiamo fatto in quel momento, non chi siamo in assoluto. E vogliam parlare del sogno? La forza del sogno, di cui non bisogna mai privarsi, e che dà la spinta per affrontare quotidianamente con costanza i sacrifici e le difficoltà. Senza tralasciare la capacità di “perimetrare” i fallimenti: un fallimento non significa aver fallito per sempre, insegnamento da tenere a mente anche per gestire le situazioni più scomode e sgradevoli, non solamente legate alle sport. Tanto è stato fatto ma tanto ancora c’è da fare: la necessità di crescere nello sviluppo di uno sport inclusivo, cambiato fortemente negli ultimi anni ma non ancora un processo automatico. Dobbiamo prepararci a costruire empatia e relazioni, pensando momenti di inclusione e condivisione tra chi ha disabilità e chi non ne ha, per fare della difficoltà una ricchezza e una possibilità di crescita per l’intero gruppo. Tributo allo sport, attraverso il quale, in ogni caso, negli ultimi anni è stato possibile un cambio di sguardo: vedendo la disabilità in un modo nuovo, dal compatimento ad una percezione completamente diversa, campioni autentici di forza e resilienza.


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